Questa è una foto molto famosa, multi-premiata, la vediamo spesso anche nei giornali di oggi.
Non ricordo la prima volta che l’ho vista, ma ricordo che ero restata affascinata dalla bellezza di questa ragazza e dai suoi occhi verdi, e lo sguardo magnetico che aveva.
Anch'io mi chiedevo, come penso tanti, che fine avesse fatto.
Poi, nel 2002, quasi 18 anni dopo, il fotografo Steve McCurry l’ha ritrovata e rifotografata.
E’ interessante vedere che donna è diventata, come è stata segnata dalla vita, a differenza di noi donne occidentali che possiamo curarci, che invecchiamo bene e che a 30 anni non siamo più sciupate come lo erano le nostre nonne.
Ecco, l’Afghan-girl non è più una ragazzina, ma una donna invecchiata, con una vita dura alle spalle.
Solo il suo sguardo è ancora quello di un tempo.
Leggiamo la sua storia di donna musulmana che non mostra mai il suo viso, la sua storia di profuga che è diventata famosa senza saperlo e senza che gliene importi.
E dal 2002 è tornata all’anonimità della sua vita.
Queste sono cose fanno riflettere.
È ormai vecchio di 5 anni l’annuncio che il "National Geographic" ha ritrovato la protagonista della foto più famosa dei suoi 114 anni di storia.
La misteriosa “ragazza afgana” che ci ha fissato con i suoi penetranti e incredibili occhi verdi da una tra le più famose copertine di National Geographic Magazine è stata ritrovata quasi vent’anni dopo la pubblicazione della foto nel 1985.
Nel Gennaio 2002, Steve McCurry - il fotografo che nel 1984 fu autore del famoso ritratto - e un team di National Geographic, sono tornati a cercare la ragazza nel campo profughi di Nasir Bagh in Pakistan, dove era stata originariamente scattata la foto.
Tramite una serie di contatti, questa è stata identificata come Sharbat Gula, attualmente sposata e residente in una remota regione dell’Afganistan con la famiglia.
Per avere la certezza dell’identità di Sharbat, National Geographic si è avvalso di un metodo scientifico che permettesse l’inequivocabile conferma dell’identità della ragazza. Sono state applicate diverse tecniche, di alto livello scientifico come l’analisi del riconoscimento dell’iride e il metodo del riconoscimento facciale sviluppato dall’FBI.
«La scienza ha convalidato la reazione istintiva che ho avuto quando ho visto di nuovo il suo volto», dice Steve McCurry, che ha recentemente ritratto la Sharbat di oggi. «Sono certo al 100% che Sharbat Gula sia la “Ragazza Afgana” che ho cercato negli ultimi 17 anni. I suoi occhi sono magnetici oggi come lo erano allora».
«La storia di Sharbat è la metafora della vita di tutti i rifugiati», ha detto William L. Allen, redattore capo di National Geographic Magazine. «È giusto che lei possa essere di nuovo la protagonista della nostra copertina e che ci induca tutti a riconoscere le sofferenze inflitte al popolo che rappresenta».
David Royle, produttore esecutivo e vice presidente di National Geographic Explorer che ha prodotto il documentario, ha dichiarato: «La sua storia, per noi di National Geographic, è stata un grande mistero, come del resto per tutto il mondo. Ritrovarla dopo tutti questi anni ha comportato un grande lavoro di investigazione e un po’ di fortuna, e il processo di conferma scientifica è stato straordinario e illuminante».
La foto del 1984 è il risultato dell’unico incontro che Sharbat Gula avesse mai avuto con una macchina fotografica, e fino a Gennaio 2002, quando le è stata mostrata per la prima volta, non aveva mai visto la famosa fotografia.
Sharbat si è sposata poco dopo l’incontro con McCurry, ha avuto quattro figlie, una delle quali è morta. Appartenente all’etnia Pashtun, è oggi una moglie devota e una madre di famiglia saldamente legata alle tradizioni della sua cultura e della sua religione.
Sharbat Gula è diventata il simbolo della sofferenza di un’intera generazione di donne Afgane e dei loro bambini, e, per questo motivo, la National Geographic Society ha deciso di creare in suo nome uno speciale fondo di assistenza per lo sviluppo e la costruzione di opportunità educative per le giovani donne e le bambine Afgane. La National Geographic Society lavorerà in collaborazione con organizzazioni umanitarie senza fini di lucro e con le autorità locali afgane per l’implementazione del programma di assistenza.
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by giorno26 ღ